giovedì 30 gennaio 2014

I giorni della Merla

I cosiddetti giorni della merla sono, secondo la tradizione, gli ultimi tre giorni di gennaio (29, 30 e 31) oppure gli ultimi due giorni di gennaio e il primo di febbraio. Sempre secondo la tradizione sarebbero i tre giorni più freddi dell'anno.

L'origine della locuzione "i giorni della merla (o Merla)" non è ben chiara. Sebastiano Pauli espone due ipotesi:

« "I giorni della Merla" in significazione di giorni freddissimi. L'origine del quel dettato dicon esser questo: dovendosi far passare oltre Po un Cannone di prima portata, nomato la Merla, s'aspettò l'occasione di questi giorni: ne' quali, essendo il Fiume tutto gelato, poté quella macchina esser tratta sopra di quello, che sostenendola diè il comodo di farla giugnere all'altra riva. Altri altrimenti contano: esservi stato, cioè un tempo fa, una Nobile Signora di Caravaggio, nominata de Merli, la quale dovendo traghettare il Po per andare a Marito, non lo poté fare se non in questi giorni, ne' quali passò sovra il fiume gelato. »

Secondo altre fonti la locuzione deriverebbe da una leggenda secondo la quale, per ripararsi dal gran freddo, una merla e i suoi pulcini, in origine bianchi, si rifugiarono dentro un comignolo, dal quale emersero il 1º febbraio, tutti neri a causa della fuliggine. Da quel giorno tutti i merli furono neri.

Si noti che se alcune leggende parlano di una merla, nella realtà questi uccelli presentano un forte dimorfismo sessuale nella livrea, che è bruna (becco incluso) nelle femmine, mentre è nera brillante (con becco giallo-arancione) nel maschio.

Secondo una versione più elaborata della leggenda, una merla, con uno splendido candido piumaggio, era regolarmente strapazzata da gennaio, mese freddo e ombroso, che si divertiva ad aspettare che lei uscisse dal nido in cerca di cibo, per gettare sulla terra freddo e gelo. Stanca delle continue persecuzioni, la merla un anno decise di fare provviste sufficienti per un mese, e si rinchiuse nella sua tana, al riparo, per tutto il mese di gennaio, che allora aveva solo ventotto giorni. L'ultimo giorno del mese, la merla, pensando di aver ingannato il cattivo gennaio, uscì dal nascondiglio e si mise a cantare per sbeffeggiarlo. Gennaio se ne risentì così tanto che chiese in prestito tre giorni a febbraio e si scatenò con bufere di neve, vento, gelo, pioggia. La merla si rifugiò alla chetichella in un camino e lì restò al riparo per tre giorni. Quando la merla uscì, era sì salva, ma il suo bel piumaggio si era annerito a causa del fumo, e così essa rimase per sempre con le piume nere.

Come in tutte le leggende, esiste un fondo di verità: infatti nel calendario romano il mese di gennaio aveva solo ventinove giorni.

Sempre secondo la leggenda, se i giorni della merla sono freddi, la primavera sarà bella; se sono caldi, la primavera arriverà in ritardo.



martedì 28 gennaio 2014

Colombina

Colombina è il nome di una maschera veneziana della commedia dell'arte.

Nelle rappresentazioni è spesso oggetto di attenzioni da parte del padrone Pantalone, la qual cosa provoca la gelosia in Arlecchino.

Nelle prime rappresentazioni della Commedia dell'Arte non esiste nessuna attrice ma Colombina prevalse solo nel Seicento nel teatro parigino. Il nome Colombina viene citato nel testo: Cicalamento in canzonette ridicolose, o vero Trattato di matrimonio tra Buffetto, e Colombina comici (1646) scritto dal celebre Buffetto, Carlo Cantù.

Marie Catherine Biancolelli (1665 - 1716) debuttò nel 1683 con il nome di Colombina, la Biancolelli faceva parte di una famiglia di comici dell'arte che per lungo tempo dominò la compagnia dei comici italiani in Francia, il più celebre della famiglia fu l'Arlecchino Dominique Biancolelli uno degli attori più amati e celebrati dai francesi. Il testo drammaturgico più famoso in cui compare Colombina è la commedia Colombine avocat pour et contre canovaccio rappresentato nel giugno 1685 e più volte rimesso in scena sia al Théatre Italienne che in seguito al teatro della Foire. Qui i personaggi di Arlecchino e Colombina (Arlequin et Colombine) recitano in una lingua franca mista tra il francese, l'italiano e il dialetto veneto-bergamasco, residuo dell'origine italiana degli attori.

Il personaggio della Servetta era stato comunque uno dei ruoli presenti nella commedia dell'arte fino dalle origini sotto i nomi più svariati, la Servetta più antica risale alla metà del Cinquecento e compare, con il nome di Franceschina (o Francesquine) nelle incisioni della Raccolta Fossard una delle principali testimonianze iconografiche della commedia dell'arte.

Fra gli altri nomi della servetta vanno citati Corallina, interpretata sempre in Francia, da Anna Veronese figlia del capocomico Carlo Veronese che compare anche nei Memoirès di Carlo Goldoni, intorno alla metà del Settecento, Ricciolina (che compare già alla fine del Cinquecento nella Compagnia dei comici Gelosi interpretata da Marina Antonazzoni), Spinetta, Smeraldina (che appare in Carlo Gozzi, ne L'amore delle tre melarance e ne Il servitore di due padroni, L'uomo di mondo e altre fra le prime commedie scritte da Goldoni) e talvolta anche come Arlecchina.
Il personaggio di Marionette che compare nella Vedova scaltra di Carlo Goldoni è la versione raffinata di Colombina. La Colombina de Il servitore di due padroni di Carlo Goldoni si chiama Smeraldina.



sabato 25 gennaio 2014

Pantalone

Pantalone è una maschera veneziana e un personaggio della commedia dell'arte.

Pantalone nasce a Venezia intorno alla metà del Cinquecento, rappresenta il tipico mercante vecchio, avaro e lussurioso. Un simile personaggio era già presente nelle commedie rinascimentali, ma la sua vera origine viene fatta risalire al personaggio del Magnifico che recitava nelle piazze accanto al servo Zanni, con contrasti comici che man mano conquistarono i primi palcoscenici della Commedia all'improvviso o dell'arte.

La figura e la tipologia del personaggio di Pantalone derivano direttamente da quella del mercante veneziano del XVI secolo, una lunga zimarra nera che copre una calzamaglia rossa come si può vedere in numerose raffigurazioni d'insieme dei pittori veneziani rinascimentali come Vittore Carpaccio, Jacopo Bellini e il figlio Giovanni, il Veronese ecc.

Uno dei primi attori della Commedia dell'Arte ad indossare i panni del mercante veneziano fu il celebre Giulio Pasquati da Padova, attore che lavorò nella più famosa compagnia comica dell'inizio del Seicento: la compagnia dei Gelosi. In origine anche Pantalone, come Arlecchino, compariva in scena soltanto con la calzamaglia rossa come si può vedere in una serie di incisioni nella Raccolta Fossard della metà del Cinquecento. In queste rappresentazioni, Pantalone, appare di corporatura robusta e sgraziata, fasciata dalla calzamaglia dei saltimbanchi di piazza, la maschera nera con il naso adunco, la barbetta da capra, una cintura a cui sono appese una borsa di denaro e un piccolo coltello a doppia lama, classico strumento di mercanti e artigiani, chiamato pistolese, da lui usato negli scontri col pavido Capitano e i servi Zanni, Arlecchino e Pulcinella.

Pantalone è un vecchio vizioso che insidia le giovani innamorate, le cortigiane, più spesso le servette della commedia. È una delle maschere più longeve della Commedia dell'Arte. Nasce all'improvviso, con la nascita stessa della commedia, e attraversa quasi indenne, tre secoli. Supera anche la riforma della commedia di Goldoni, perdendo però il suo aspetto più comico per conformarsi alla più rassicurante figura del padre burbero, avaro, conservatore dei Rusteghi e del Sior Todero brontolon.

I nomi di Pantalone e Todero, secondo alcuni storici del teatro, hanno una derivazione simile, infatti sia a San Pantaleone che a San Teodoro i veneziani tributavano una particolare devozione, San Todaro era stato il primo patrono della città prima dell'arrivo delle reliquie di San Marco.




mercoledì 22 gennaio 2014

Pulcinella

Pulcinella (napoletano: Pullecenella) è una maschera napoletana della commedia dell'arte.

La maschera di Pulcinella come la conosciamo oggi, è stata inventata ufficialmente a Napoli dall'attore Silvio Fiorillo nella seconda metà del Cinquecento, ma il suo costume moderno fu inventato nell'Ottocento da Antonio Petito. Infatti, in origine, la maschera di Fiorillo indossava un cappello bicorno (diverso da quello attuale "a pan di zucchero") e portava barba e baffi. Le origini di Pulcinella sono però molto più antiche. Le ipotesi sono varie: c'è chi lo fa discendere da “Pulcinello” un piccolo pulcino perché ha il naso adunco; c'è chi sostiene che un contadino di Acerra, Puccio d'Aniello, nel '600 si unì come buffone ad una compagnia di girovaghi di passaggio nel suo paese. Altri ancora, come Margarete Bieber vanno ancora più indietro nel tempo fino al IV secolo a.C. e sostengono che Pulcinella discende da Maccus, personaggio delle Atellane romane. Maccus rappresentava una tipologia di servo dal naso lungo e dalla faccia bitorzoluta con guance grosse, con ventre prominente, che indossava una camicia larga e bianca.

Altri fanno risalire la maschera ad un altro personaggio delle Fabulae Atellanae: Kikirrus, una maschera teriomorfa (dall'aspetto animale) il cui stesso nome, infatti, richiama il verso del gallo. Quest'ultima maschera ricorda più da vicino la maschera di Pulcinella.

Le Atellane furono una tipologia di spettacolo molto popolare nell'antica Roma, potremmo paragonarle all'odierno teatro vernacolare o dialettale apprezzate soprattutto da un pubblico di basso ceto. Maccus rappresentava ora il sileno ora il satiro, in qualche caso la tipologia del servo con un lungo naso e la faccia bitorzoluta, camicia larga e bianca, Maccus portava una mezza maschera, come quelle dei comici dell'arte, aveva il ventre prominente e recitava con voce chioccia.

Fiorillo si ispirò a Puccio d'Aniello, il nome di un contadino di Acerra reso famoso da un presunto ritratto di Annibale Carracci, dalla faccia scurita dal sole di campagna ed il naso lungo, che diede vita al personaggio teatrale di Pulcinella. Pulcinella ha incarnato e continua ad incarnare il tipo napoletano, ancora oggi all'estero, il personaggio che, cosciente dei problemi in cui si trova, riesce sempre ad uscirne con un sorriso, prendendosi gioco dei potenti pubblicamente, svelando tutti i retroscena. Altri autori attribuiscono l'origine del nome all'ermafroditismo intrinseco del personaggio, ovvero un diminutivo femminilizzato di pollo-pulcino, animale tipicamente non riproduttivo, del quale in un certo senso imita la voce. In tale accezione Pulcinella si riconferma come figura di tramite uomo-donna, stupido-furbo, città-campagna, demone-santo salvatore, saggio-sciocco, un dualismo che sotto molti aspetti configura la definizione pagano-cristiana della cultura popolare napoletana.





sabato 18 gennaio 2014

Arlecchino

Iniziamo con questo post una carrellata delle principali maschere del carnevale italiano. Oggi vi raccontiamo Arlecchino!

Arlecchino è una famosa maschera bergamasca della commedia dell'arte. Il suo nome in lingua francese è Arlequin, mentre in inglese chiamato Harlequin.

La maschera di Arlecchino ha origine dalla contaminazione di due tradizioni: lo Zanni bergamasco da una parte, e "personaggi diabolici farseschi della tradizione popolare francese", dall'altra.

La carriera teatrale di Arlecchino nasce a metà del cinquecento con l'attore di origine bergamasca Alberto Naselli (o probabilmente Alberto Gavazzi) noto come Zan Ganassa che porta la commedia dell'arte in Spagna e Francia, sebbene fino al 1600 - con la comparsa del mantovano Tristano Martinelli - la figura di Arlecchino non si possa legare specificatamente a nessun attore.

L'origine del personaggio è invece molto più antica, legata com'è alla ritualità agricola: si sa per certo, infatti, che Arlecchino è anche il nome di un demone ctonio, cioè sotterraneo. Già nel XII secolo. Orderico Vitale nella sua Historia Ecclesiastica racconta dell'apparizione di una familia Herlechini, un corteo di anime morte guidato da questo demone/gigante. E allo charivari sarà associata la figura di Hellequin. Un demone ancora più noto con un nome che ricorda da vicino quello di Arlecchino è stato l'Alichino dantesco che appare nell'Inferno come capo di una schiatta diabolica.

La stessa maschera seicentesca evoca in maniera abbastanza palese il ghigno nero del demonio presentando il resto di un corno perso dal diavolo nel suo aspetto più umanizzato.

Quanto alla radice del nome, è di origine germanica Hölle König (re dell'inferno), traslato in Helleking, poi in Harlequin, con chiara derivazione infernale. Questa interpretazione "infernale" del nome è di chiara matrice cristiana. In epoca pagana era credenza condivisa in tutto il centro e nord Europa che nel periodo "oscuro" (invernale) dell'anno e in occasione di feste particolari una schiera composta di spiriti dei morti corresse per il cielo e sulla terra, con a capo una divinità a seconda del pantheon del luogo. Questa Caccia Selvaggia pagana è divenuta poi la schiera dei morti inquieti (i "dannati") sotto il cristianesimo. I nomi sono numerosi per designare questa cavalcata spaventosa. Il francese Hellequin viene forse dal danese erlkonig. Inizialmente, le Hellequins - o Herlequins - erano le donne che cavalcavano con la dea della morte Hel, durante le cacce notturne. Ma passando nella cultura francese, Hel divenne un uomo, il re Herla o Herlequin (dall'antico inglese Herla Cyning poi erlking, tedesco Erlkönig, danese erlkonig, allerkonge, elverkonge, cioè, letteralmente, il "re degli elfi" ). Hellequin - o Hellkin, Hennequin, Hannequin, Herlequin, Arlequin.

Ma il particolare che accomuna tutti gli Zanni della Commedia dell'Arte è lo spirito villanesco, piuttosto arguto (come il seicentesco Bertoldo di Giulio Cesare Croce), ma più spesso sciocco, ovvero quello del povero diavolo, come nei servi delle commedie sin dall'epoca di Plauto, attraverso le commedie erudite del Quattro-Cinquecento, sino alle commedie alla villanesca di Angelo Beolco, che attorno al primo Cinquecento metterà in scena le sventure del contadino Ruzante. Altre fonti individuano nel comico ed autore teatrale romano Flaminio Scala il primo estensore in scene di teatro delle rappresentazioni arlecchinesche nell'ambito della Commedia dell'Arte.

La tipologia di personaggi di cui sopra è internamente legata dalla ritualità rurale e, attraverso i suoi miti legati alla sfera ctonia, da elementari passioni che si potrebbe definire più bestiali che umane.

Già durante il Medioevo, del resto, un certo aspetto di comicità appare con demoni che si aggiravano sulle scene delle sacre rappresentazioni: questo era da un lato probabilmente un tentativo di esorcizzare le paure del soprannaturale, ma anche di mettere in burla il potere dei demoni pagani della terra che erano ancora molto presenti nell'immaginario popolare, soprattutto nelle campagne, ed esercitavano ancora un grosso potere che l'ascesa del Cristianesimo non era riuscito a sradicare. D'altronde, i principali strumenti per esorcizzare la Morte sono, nel folklore popolare, il riso e l'osceno, come fin dai tempi più antichi dimostra il mito di Baubo.







mercoledì 15 gennaio 2014

Si avvicina carnevale...

Passato il Natale, passata l'Epifania, ecco arrivare il tempo del carnevale. Il carnevale è una festa che si celebra nei paesi di tradizione cattolica. I festeggiamenti si svolgono spesso in pubbliche parate in cui dominano elementi giocosi e fantasiosi; in particolare, l'elemento distintivo e caratterizzante del carnevale è l'uso del mascheramento.

La parola carnevale deriva dal latino "carnem levare" ("eliminare la carne") poiché anticamente indicava il banchetto che si teneva l'ultimo giorno di carnevale (martedì grasso), subito prima del periodo di astinenza e digiuno della Quaresima.

Benché presente nella tradizione cattolica, i caratteri della celebrazione del Carnevale hanno origini in festività ben più antiche, come per esempio le dionisiache greche (le antesterie) o i saturnali romani. Durante le feste dionisiache e i saturnali si realizzava un temporaneo scioglimento dagli obblighi sociali e dalle gerarchie per lasciar posto al rovesciamento dell'ordine, allo scherzo e anche alla dissolutezza. Da un punto di vista storico e religioso il carnevale rappresentò, dunque, un periodo di festa ma soprattutto di rinnovamento simbolico, durante il quale il caos sostituiva l'ordine costituito, che però una volta esaurito il periodo festivo, riemergeva nuovo o rinnovato e garantito per un ciclo valido fino all'inizio del carnevale seguente. Il ciclo preso in considerazione è, in pratica, quello dell'anno solare.

Dove si osserva il rito ambrosiano, ovvero nella maggior parte delle chiese dell'arcidiocesi di Milano e in alcune delle diocesi vicine, la Quaresima inizia con la prima domenica di Quaresima; l'ultimo giorno di carnevale è il sabato, 4 giorni dopo rispetto al martedì in cui termina dove si osserva il rito romano.
La tradizione vuole che il vescovo sant'Ambrogio fosse impegnato in un pellegrinaggio e avesse annunciato il proprio ritorno per carnevale, per celebrare i primi riti della Quaresima in città. La popolazione di Milano lo aspettò prolungando il carnevale sino al suo arrivo, posticipando il rito delle Ceneri che nell'arcidiocesi milanese si svolge la prima domenica di Quaresima.

In realtà la differenza è dovuta al fatto che anticamente la Quaresima iniziava dappertutto di domenica, i giorni dal mercoledì delle Ceneri alla domenica successiva furono introdotti nel rito romano per portare a quaranta i giorni di digiuno effettivo, tenendo conto che le domeniche non erano mai stati giorni di digiuno.
Questo carnevale, presente con diverse tradizioni anche in altre parti dell'Italia, prende il nome di carnevalone.

Nei post successivi vi racconteremo i carnevali e le maschere più belle d'Italia!



mercoledì 8 gennaio 2014

Storia d'Italia - Le Guerre Puniche

La conquista dell'Italia portò Roma a scontrarsi con l'altra grande potenza del Mediterraneo Occidentale: Cartagine. Le guerre che si scatenarono furono di inaudita ferocia e di notevole durata, ma videro infine il trionfo totale di Roma. La prima guerra punica scoppiò nel 264 a.C. allorché Roma inviò un piccolo contingente in soccorso di Messina, con l'intento di assicurarsi il controllo dello stretto di Messina, ambito però anche dai Cartaginesi, che decisero di reagire con la guerra. Dopo alcune vittorie negli scontri terrestri, Roma potenziò la flotta, dotandola di corvi, e riuscì ad ottenere alcune importanti vittorie navali, anche se il tentativo di Marco Attilio Regolo di portare la guerra sul suolo africano e imporre la resa a Cartagine fallì e il console, catturato, venne giustiziato facendolo rotolare dentro una botte. La guerra finì, dopo alterne vicende, con la vittoria di Roma (241 a.C.),che poté così estendere il suo dominio annettendo Sicilia, Sardegna e Corsica; sconfisse inoltre i pirati illirici che, tacitamente supportati dalla regina Teuta, infestavano le coste adriatiche e, qualche anno più tardi, iniziò ad espandersi nella pianura padana a scapito dei Celti (battaglia di Clastidium, 222 a.C.).

Nel frattempo, preoccupato dalle mire espansionistiche puniche in Spagna, il Senato stipulò un nuovo patto con Cartagine; quando tuttavia nel 218 a.C. il generale punico Annibale Barca attaccò la città di Sagunto, alleata di Roma, si decise di dichiarare nuovamente guerra a Cartagine. Annibale valicò le Alpi con un potente esercito comprendente anche elefanti e inflisse varie sconfitte alle legioni romane. Dopo una fase di stallo, durante la quale Roma poté riorganizzarsi, grazie alla politica attuata dal dictator Quinto Fabio Massimo, detto il temporeggiatore, le legioni romane subirono una pesante sconfitta contro Annibale nella battaglia di Canne (216 a.C.). Mentre numerose città si alleavano con i Cartaginesi e anche la Macedonia di Filippo V scendeva in guerra contro Roma, Annibale si attardò nel Sud Italia (ozi di Capua), mentre i Romani, seppure provati, poterono lentamente ricostituire le proprie forze: il console Publio Cornelio Scipione ottenne diverse vittorie sui Cartaginesi in Spagna, mentre in Italia Roma riuscì ben presto a recuperare le città italiche che l'avevano tradita per allearsi con Annibale e sconfisse anche il fratello di Annibale, Asdrubale Barca, mentre tentava di portare rinforzi ad Annibale. Nel 203 a.C. Scipione, conquistata la Penisola iberica e ristabilita la situazione in Italia, sbarcò in Africa per tentare di ottenere una vittoria definitiva e sconfisse Annibale, nel frattempo tornato a Cartagine, nella battaglia di Zama, costringendo Cartagine a capitolare e ad accettare le dure condizioni di pace imposte da Roma.

Dopo la conclusione della guerra con Cartagine, Roma completò la sottomissione della Gallia Cisalpina, sconfiggendo sia i Celti o Galli, sollevatisi contro Roma durante la seconda guerra punica, che le popolazioni locali: attorno al 191 a.C. la Gallia Cisalpina fu ridotta a provincia, mentre nel 177 a.C. venne sottomessa anche l'Istria e, due anni dopo, i Liguri Cisalpini.
Ormai potenza egemone del Mediterraneo occidentale, Roma volse le sue mire espansionistiche a danno degli stati ellenistici dell'Oriente, sottomettendo nell'arco di un cinquantennio (200 a.C.-146 a.C.) la Grecia (per maggiori approfondimenti su queste campagne non riguardanti la storia d'Italia e che qui non vengono trattate per motivi di spazio, cfr. guerre macedoniche) e completando la sottomissione di Cartagine (terza guerra punica, 149-146 a.C.). Con la sconfitta dei nemici contro cui combatteva da anni su entrambi i fronti, Roma era diventata padrona del Mediterraneo.
14. CONTINUA.



lunedì 6 gennaio 2014

La Befana o Epifania

La Befana, corruzione lessicale di epifania attraverso bifanìa e befanìa, è una figura tipica di alcune regioni italiane diffusasi poi in tutta la penisola.

Vi sono ancora taluni rari luoghi in cui è rimasto nel linguaggio popolare il termine Pefana come, per esempio, nel paese di Montignoso nella Provincia di Massa Carrara, con tradizioni non in linea con le consuete celebrazioni dell' Epifania. La Befana appartiene alle figure folkloristiche, dispensatrici di doni, legate alle festività natalizie.

Secondo la tradizione italiana la Befana, raffigurata come una donna molto anziana che vola su una logora scopa, fa visita ai bambini nella notte tra il 5 e il 6 gennaio (la notte dell'epifania) per riempire le calze lasciate da essi appositamente appese sul camino o vicino a una finestra.

Generalmente, i bambini che durante l'anno si sono comportati bene riceveranno dolci, caramelle, frutta secca o piccoli giocattoli. Al contrario, coloro che si sono comportati male troveranno le calze riempite con del carbone.

Il termine "befana" inteso come "fantoccio esposto la notte dell'epifania" fu già usato nel XIV secolo, poi da Francesco Berni nel 1535, da Agnolo Firenzuola una prima volta nel 1541.

L'origine di questa figura va probabilmente connessa a tradizioni agrarie pagane relative all'anno trascorso, ormai pronto per rinascere come anno nuovo. Difatti rappresenta la conclusione delle festività natalizie come interregno tra la fine dell'anno solare (solstizio invernale, Sol Invictus) e l'inizio dell'anno lunare.

Anticamente la dodicesima notte dopo il solstizio invernale, si celebrava la morte e la rinascita della natura, attraverso la figura pagana di Madre Natura. I Romani credevano che in queste dodici notti, figure femminili volassero sui campi appena seminati per propiziare i raccolti futuri. A guidarle secondo alcuni era Diana, dea lunare legata alla vegetazione, secondo altri una divinità minore chiamata Satia (sazietà) o Abundia (abbondanza). La Chiesa condannò con estremo rigore tali credenze, definendole frutto di influenze sataniche. Queste sovrapposizioni diedero origine a molte personificazioni che sfociarono nel Medioevo nella nostra Befana, il cui aspetto, benché benevolo, è chiaramente imparentato con la personificazione della strega.

L'aspetto da vecchia sarebbe dunque una raffigurazione dell'anno vecchio: una volta davvero concluso, lo si può bruciare così come accadeva in molti paesi europei, dove esisteva la tradizione di bruciare fantocci, con indosso abiti logori, all'inizio dell'anno (vedi ad esempio la Giubiana e il Panevin o Pignarûl, Casera, Seima o Brusa la vecia, il Falò del vecchione che si svolge a Bologna a capodanno, oppure il rogo della Veggia Pasquetta che ogni anno il 6 gennaio apre il carnevale a Varallo in Piemonte). In molte parti d'Italia l'uso di bruciare o di segare un fantoccio a forma di vecchia (in questo caso pieno di dolciumi), rientra invece tra i riti di fine Quaresima.

In quest'ottica l'uso dei doni assumerebbe un valore propiziatorio per l'anno nuovo.

Un'ipotesi suggestiva è quella che collega la Befana con una festa romana, che si svolgeva all'inizio dell'anno in onore di Giano e di Strenia (da cui deriva il termine "strenna") e durante la quale si scambiavano regali.

La Befana si richiama pure ad alcune figure della mitologia germanica, Holda e Berchta, sempre come personificazione della natura invernale.

Secondo una versione "cristianizzata", i Re Magi, diretti a Betlemme per portare i doni a Gesù Bambino, non riuscendo a trovare la strada, chiesero informazioni ad una signora anziana. Malgrado le loro insistenze, affinché li seguisse per far visita al piccolo, la donna non uscì di casa per accompagnarli. In seguito, pentitasi di non essere andata con loro, dopo aver preparato un cesto di dolci, uscì di casa e si mise a cercarli, senza riuscirci. Così si fermò ad ogni casa che trovava lungo il cammino, donando dolciumi ai bambini che incontrava, nella speranza che uno di essi fosse il piccolo Gesù. Da allora girerebbe per il mondo, facendo regali a tutti i bambini, per farsi perdonare.




venerdì 3 gennaio 2014

Ricorrenze...

Oggi, 3 Gennaio, vogliamo ricordare tre nascite che hanno dato lustro al nostro Bel Paese...

La prima è del 1920 e riguarda il grande artista napoletano Renato Carosone. Il successo Carosone lo ottiene negli anni Cinquanta durante le stagioni della Bussola di Focette, in Versilia, diretta da Sergio Bernardini e inaugurata il 4 giugno 1955. Nel frattempo, compaiono sul mercato i primi long playing. Il primo successo commerciale dell'artista napoletano, è Maruzzella (1954), musica di Carosone e testo di Enzo Bonagura. Le successive incisioni, soprattutto quelle composte assieme al paroliere napoletano Nisa, pseudonimo di Nicola Salerno - O suspiro (1956), Torero (1957), O sarracino (1958) e Caravan Petrol (1958) - conquistano le classifiche di vendita europee e nordamericane. Della sola Torero, rimasta per due settimane al primo posto della hit parade statunitense, si conoscono più di trenta incisioni americane e dodici traduzioni in altrettante lingue. Quelli di Renato Carosone sono concerti-spettacolo, dove ai testi ironici di Nisa fanno da contrappunto le performance comiche di Gegè Di Giacomo, spesso concluse dal totale coinvolgimento del pubblico, e le melodie di Carosone, mutuate dal jazz e dallo swing mescolate ai ritmi più diversi.

Non trascurabile è stato il ripescaggio attuato da Carosone di brani del repertorio napoletano, da Anema e core a Luna rossa, di canzoni italiane e internazionali, da Ciribiribin a Johnny Guitar e soprattutto l'applicazione delle novità strumentali e tecniche, quali le nuove tecniche di registrazione su nastro, le variazioni di velocità, le sovrapposizioni, oltre al gusto musicale parodistico e ritmico introdotto negli Stati Uniti verso gli inizi degli anni cinquanta da Spike Jones.

Dopo una lunga serie di concerti in Europa, il gruppo di Renato Carosone sbarca a Cuba, inaugurando una memorabile tournée americana. Dopo Caracas, Rio de Janeiro e San Paolo del Brasile, il 5 gennaio 1957 il suo gruppo approda alla Carnegie Hall di New York.

La seconda nascita è quella del 1929 e riguarda il grandissimo regista Sergio Leone

E' stato un regista, sceneggiatore e produttore cinematografico italiano. È stato uno dei più importanti registi della storia del cinema italiano e internazionale, particolarmente noto per i suoi film del genere spaghetti-western. Nonostante abbia diretto pochi film, la sua regia ha fatto scuola e ha contribuito alla rinascita del western negli anni sessanta grazie a film come Per un pugno di dollari, Per qualche dollaro in più, Il buono, il brutto, il cattivo, che formano la cosiddetta trilogia del dollaro, C'era una volta il West e Giù la testa, ai quali si affianca C'era una volta in America, un gangster-movie, considerati tra i massimi capolavori del cinema e che formano la cosiddetta trilogia del tempo. Nel 1972 con Giù la testa è stato vincitore del David di Donatello per il miglior regista mentre nel 1985 con C'era una volta in America è stato vincitore del Nastro d'argento al regista del miglior film.

Infine, la terza nascita è del 1954 e si riferisce all'inizio ufficiale della prima trasmissione televisiva, dalla sede Rai di Milano. Il 3 gennaio Fulvia Colombo inaugura il Programma Nazionale, l'attuale Rai 1, e il primo programma trasmesso è Arrivi e partenze, in onda dalle 14:30 alle 14:45, seguito da un'esibizione dell'orchestra di Giovanni Rosa Clot; in serata vi fu il varietà Sette Note, con il balletto di Susanna Egri basato sulla musica tratta dal film di Charlie Chaplin Luci della ribalta e ballato dalla stessa Egri con il ballerino americano Norman Thompson e con l'orchestra di Carlo Savina. Sempre lo stesso giorno parte anche il Telegiornale (l'attuale TG1). Inizia il regolare servizio di televisione. I principali trasmettitori sono a Roma, Milano, Napoli, Torino, Monte Peglia. Alla sera prende il via La Domenica Sportiva, il programma più longevo della televisione italiana ancora oggi in onda. Di conseguenza, il 10 aprile, la Radio Audizioni Italiane S.p.A. cambia la denominazione sociale in Rai Radiotelevisione Italiana S.p.A.


vecchia sigla Rai