martedì 30 settembre 2014

L'anarchia militare e il Tardo Impero (235 - 395)

L'Impero al tempo di Costantino


Il periodo cosiddetto dell'anarchia militare durò dal 235 al 284 e fu caratterizzato dagli assalti dei barbari che premevano sul limes, che costrinsero i Romani a evacuare la Dacia e gli Agri Decumati (in Germania), e dalla crescente importanza dell'esercito, che spesso era fonte di disordini interni, con numerose rivolte e nomine di usurpatori: molti imperatori nel corso del III secolo morirono di morte violenta, per mano dell'esercito.

La crisi del III secolo venne frenata dall'imperatore Diocleziano istituendo la Tetrarchia, un regime collegiale di due Augusti e due Cesari che amministravano raggruppamenti distinti di province dell'Impero, accresciute in numero e riunite in diocesi; i Cesari alla morte o all'abdicazione degli Augusti sarebbero divenuti a loro volta Augusti, designando altri due Cesari. In questa circostanza l'Italia venne parificata alle altre province divenendo una diocesi a sua volta suddivisa in province, corrispondenti grossomodo alle regioni augustee. Diocleziano, inoltre, per contrastare meglio le invasioni, tolse a Roma il ruolo di sede imperiale preferendole città più vicine ai confini minacciati (Milano, Nicomedia, Treviri e Sirmio), ma le lasciò il titolo di capitale dell'Impero.

La riforma tetrarchica di Diocleziano non risolse però nei fatti il problema della successione, dato che alla sua abdicazione (305) scoppiò una guerra civile tra i vari Cesari e Augusti, che terminò solo nel 324 con la vittoria di Costantino I. Quest'ultimo (imperatore dal 306 al 337) continuò la politica di Diocleziano, fondando una seconda capitale nell'antico sito di Bisanzio, da lui ridenominata Costantinopoli (330). Sempre Costantino pose fine con l'Editto di Milano (313) alle persecuzioni contro i cristiani; il cristianesimo da qui in poi assunse sempre maggiore importanza per l'impero e, dopo un tentativo da parte dell'imperatore Giuliano (360-363) di restaurare il paganesimo, sotto il regno di Teodosio I (379-395) il cristianesimo divenne la religione ufficiale dell'Impero (380). L'Italia, pur perdendo sempre più importanza, rimaneva comunque una delle regioni più importanti dell'Occidente romano, perlomeno dal punto di vista religioso (il Papa risiedeva a Roma). Nel 395, alla morte di Teodosio, l'Impero si trovò definitivamente suddiviso in un Impero d'Occidente (capitale Milano, poi Ravenna) e in un Impero d'Oriente (capitale Costantinopoli).

25 CONTINUA.

domenica 28 settembre 2014

Santuario di Monte Senario

Santuario di Monte Senario


Il santuario di Monte Senario è uno dei più importanti santuari della Toscana e si trova sulla collina omonima a nord della città di Firenze, nel comune di Vaglia.

Il convento fu eretto nel 1234 da sette nobili fiorentini, fondatori dell'ordine dei Servi di Maria, e perciò detti i Sette santi fondatori; fu ampliato nel XV secolo, e di nuovo nel 1594 dal granduca Ferdinando I, per essere poi in parte modificato nel XVIII e nel XIX secolo.

Vi si giunge da un viale fittamente alberato, al termine del quale sono poste le due statue di San Bonfiglio Monaldi e di San Filippo Benizi, di Pompilio Ticciati (1754), che introducono al piazzale antistante al complesso: a sinistra, il grande Ospizio (1603), a fianco del quale una scalinata sale in una piazzetta.

Alla destra della chiesa è l'ingresso al Convento, fino all'Ottocento aperto a pianterreno da un porticato di cui rimangono visibili le colonne e gli archi, inglobati nel muro di facciata, la torretta-orologio è del 1834.

Dopo un primo ambiente (sulla porta a destra, lunetta con i Pellegrini di Emmaus di Giovanni da San Giovanni, si passa in un atrio ornato da medaglioni affrescati in parte da Antonio Pillori (1750 circa). A lui e a Stefano Fabbrini si devono anche le lunette del chiostrino quattrocentesco (tamponato) adiacente alla chiesa, parte del nucleo più antico del convento.

Nel refettorio, Cenacolo di Matteo Rosselli (1634) e due tele di Francesco Curradi con Cristo in preghiera e Annunciazione. Intorno al convento corre una terrazza panoramica; il pavimento, a lastroni di pietra, copre una grandiosa cisterna per l'acqua piovana voluta dai Medici (1697-1722).

I frati Servi di Maria di Monte Senario producono alcuni liquori nella distilleria del convento, erede dell'antica farmacia attiva per secoli a beneficio della popolazione locale e dei pellegrini. In particolare dal 1865 producono un liquore con estratti di Abete bianco (Abies alba), chiamato "Gemma d'Abeto" e ideato da fra Agostino Martini da Sant'Agata di Mugello, speziale del convento. Altri liquori prodotti nella distilleria sono: l'Amaro Borghini, ideato dallo speziale fra Stanislao Borghini nel 1870, l'Elisir di China e l'Alchermes, ideati dallo speziale fra Pietro Berni nel 1889.


venerdì 26 settembre 2014

Il Salone nautico di Genova

Il salone 2013

Dal 1 al 6 ottobre si svolgerà a Genova il 54° Salone Nautico.

Il Salone nautico di Genova è tra le principali fiere mondiali dedicate alla nautica da diporto e si svolge, con cadenza annuale, nel mese di ottobre. 

Nata nel gennaio del 1962 come una piccola esposizione articolata su una superficie espositiva di 30 000 metri quadrati, attraverso le successive edizioni si è conquistata il ruolo di leader mondiale grazie alla completezza merceologica senza pari e a un'area espositiva particolarmente suggestiva: oltre 200.000 metri quadrati di spazi a terra, cui si aggiunge uno specchio acqueo di altri 100 000 m².

Dal 1966 il Salone nautico di Genova è organizzato in partnership con UCINA - Confindustria Nautica, l'associazione italiana delle industrie nautiche da diporto.

Al calendario eventi si aggiungono poi le attività organizzate presso il teatro del Mare, che offrono al pubblico la possibilità di conoscere la nautica e il mare. Convegni, incontri e iniziative sportive si articolano negli spazi della Fiera di Genova e nelle aree in acqua.

L'imbarcazione più lunga mai ospitata dal Salone nautico internazionale di Genova è il megasailer Maltese Falcon, costruita dal cantiere Perini Navi. Con i suoi 88 metri di lunghezza fuori tutto si è aggiudicata il record ed è stata l'ammiraglia a vela della 46ª edizione del Salone, nell'ottobre 2006.

Tutti a Genova, dal 1 al 6 Ottobre per una nuova avventura al Salone Nautico ospitato in una delle città più belle d'Italia. 

Di seguito il link per accedere al sito internet dove è consultabile il ricco programma: http://www.genoaboatshow.com/

mercoledì 24 settembre 2014

Monte Isola


Monte Isola

Monte Isola (Montìsola in dialetto bresciano) è un comune italiano della provincia di Brescia in Lombardia, che copre l'isola omonima del Lago d'Iseo. Si tratta di un comune sparso: la sede comunale si trova nella frazione di Siviano. E' inserito nella lista dei Borghi più belli d'Italia.

Monte Isola è il nome del comune, mentre per quanto riguarda l'area geografica può ritenersi corretta anche la dizione Montisola.

Montisola è l'isola lacustre più grande d'Europa con una superficie di circa 4,5 km² e un perimetro di oltre 9 chilometri. In Europa sono presenti isole lacustri di maggior estensione, come l'isola di Visingso nel lago svedese di Vättern (24 km²) e l'isola artificiale di Sääminginsalo, ma Montisola è la prima come altezza sul livello del mare, raggiungendo un'altitudine di 600 m s.l.m.

L'isola è raggiungibile in traghetto dalla sponda bresciana; i principali approdi sono i porti di Sulzano e Sale Marasino dai quali si raggiungono rispettivamente le frazioni di Peschiera Maraglio e Carzano. L'isola è raggiungibile anche dalla sponda bergamasca partendo da Tavernola Bergamasca con collegamenti giornalieri.

La circolazione è consentita unicamente ai motocicli dei residenti ed è proibito trasportarvi veicoli a motore. È possibile spostarsi tramite biciclette o utilizzando il servizio pubblico di autobus.

La vegetazione comprende numerosi ulivi che fanno da contorno alla costa meridionale fra Peschiera Maraglio e Sensole (dal latino Sinus olis, che significa "insenatura dell'olio") mentre specie arboree tipicamente alpestri caratterizzano il nord e le parti più elevate del monte.

Monumenti:


  • Santuario della Madonna della Ceriola, si trova sulla cima del monte che sovrasta l'isola, poco sopra la frazione Cure. Edificato nel 1500, probabilmente sui resti di una cappella dell'XI secolo. All'interno si possono osservare affreschi del XVI secolo e un'icona in legno dorato, dello stesso periodo, con le figure della Madonna con Bambino tra S. Faustino e Giovita; inoltre dipinti di Angelo Paglia e Giovanni da Marone.
  • Santuario di San Rocco.

Link: http://www.comune.monteisola.bs.it/pages/home.asp
Distanza: 93 km da Piazza Duomo di Milano
Tempo stimato: 104 minuti (fonte: Viamichelin - http://www.viamichelin.it/web/Itinerari )


lunedì 22 settembre 2014

La dinastia dei Severi (193 - 235)

Le terme di Caracalla

Tra la fine del II e l'inizio del III secolo l'Italia romana, in coincidenza con l'inizio del declino dell'impero, perse man mano i suoi privilegi di territorio non provinciale fino a venire parificata alle province. L'assassinio di Commodo diede il via a una breve guerra civile fra tre pretendenti al trono (tutti nominati dall'esercito), che vide la vittoria di Settimio Severo, che diede inizio alla dinastia dei Severi. Nel corso del suo regno, Settimio Severo (193-211) aumentò i poteri all'esercito e per questo viene visto da alcuni storici come uno degli artefici della rovina dell'impero.

Alla sua morte (211) gli succedettero i figli Caracalla e Geta; l'ultimo dei due venne però fatto uccidere dal primo. Nel 212 Caracalla concesse la cittadinanza, finora concessa salvo alcune eccezioni solo agli italici, a tutti gli abitanti dell'Impero, segnando un ulteriore passo in avanti verso la parificazione con le province. Il suo regno e quello dei suoi successori (Eliogabalo e Alessandro Severo) fu caratterizzato da lotte intestine, che nel 235 portarono, con l'uccisione di Alessandro Severo a opera del suo esercito, all'estinzione della dinastia dei Severi e all'inizio dell'anarchia militare.

24 CONTINUA

domenica 21 settembre 2014

Rosario Livatino



Oggi ricade l'anniversario dell'uccisione del giudice Rosario Livatino.

Rosario Angelo Livatino (Canicattì, 3 ottobre 1952 – Agrigento, 21 settembre 1990) è stato un magistrato italiano assassinato dalla Stidda.

Rosario Livatino nacque a Canicattì nel 1952, figlio di un avvocato di nome Vincenzo Livatino e di Rosalia Corbo. Conseguita la maturità presso il liceo classico Ugo Foscolo, nel 1971 si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza di Palermo presso la quale si laureò nel 1975 cum laude. Tra il 1977 ed il 1978 prestò servizio come vicedirettore in prova presso l'Ufficio del Registro di Agrigento. Sempre nel 1978, dopo essersi classificato tra i primi in graduatoria nel concorso per uditore giudiziario, entrò in magistratura presso il Tribunale di Caltanissetta.

Nel 1979 diventò sostituto procuratore presso il tribunale di Agrigento e ricoprì la carica fino al 1989, quando assunse il ruolo di giudice a latere.

Venne ucciso il 21 settembre del 1990 sulla SS 640 mentre si recava, senza scorta, in tribunale, per mano di quattro sicari assoldati dalla Stidda agrigentina, organizzazione mafiosa in contrasto con Cosa Nostra. Del delitto fu testimone oculare Pietro Nava, sulla base delle cui dichiarazioni furono individuati gli esecutori dell'omicidio.

Nella sua attività si era occupato di quella che sarebbe esplosa come la Tangentopoli siciliana ed aveva messo a segno numerosi colpi nei confronti della mafia, attraverso lo strumento della confisca dei beni.

Papa Giovanni Paolo II definì Rosario Livatino «martire della giustizia ed indirettamente della fede».

La sua figura è ricordata nel film di Alessandro Di Robilant Il giudice ragazzino, uscito nel 1994. È invece del 1992 il libro omonimo, scritto da Nando dalla Chiesa, che portò all'erronea attribuzione del nomignolo al magistrato ucciso. Nel 2006 è stato realizzato il film-documentario La luce verticale per promuovere la causa di beatificazione di Rosario Livatino.

Per non dimenticare.

sabato 20 settembre 2014

Sophia Loren



Oggi è il compleanno di Sophia Loren, nome d'arte di Sofia Villani Scicolone.

È riconosciuta universalmente come una delle più celebri attrici della storia del cinema mondiale. Nel 1999, l'American Film Institute la posiziona al 21º posto nella lista delle 25 più grandi star femminili di tutti i tempi. Entra a far parte della settima arte giovanissima e si impone ben presto, agli inizi degli anni cinquanta, come sex symbol grazie al corpo da maggiorata. Da Vittorio De Sica sarà diretta in film come La ciociara, che le valse l'Oscar alla migliore attrice, Ieri, oggi, domani, e Matrimonio all'italiana, per il quale riceverà una seconda nomination all'Oscar.

Durante la sua lunga carriera, ha vinto due Oscar, un Golden Globe, un Leone d'oro, la Coppa Volpi, una Palma d'oro a Cannes, un BAFTA, sei David di Donatello e due Nastri d'argento.

Conosce nel 1949, a soli 15 anni, ad un concorso di bellezza, il noto produttore Carlo Ponti, di 22 anni più grande e già sposato con due figli. Tra i due nasce una storia e i due si sposeranno nel settembre 1957. Ma poiché il divorzio all'epoca non era legale in Italia e i due sposi rischiavano accuse di concubinato (Loren) e bigamia (Ponti), si trasferirono in Francia dove divennero cittadini francesi. Allora Ponti poté divorziare dalla prima moglie Giuliana Fiastri e quindi lui e Sofia Loren si sposarono una seconda volta il 9 aprile 1966 a Sèvres. Ebbero due figli, Carlo Ponti (Carlo Jr) ed Edoardo Ponti, nati nel 1968 e nel 1973. Carlo Ponti muore nel 2007, all'età di 94 anni. Sophia Loren ha quattro nipoti: due (Vittorio Leone e Beatrice Lara) figli di Carlo jr., e due (Lucia Sofia e Leonardo Fortunato) nati dal matrimonio di Edoardo con l'attrice Sasha Alexander.

Nel 1962 la sorella della Loren, Maria Scicolone, sposa il figlio di Benito Mussolini, Romano Mussolini, da cui avrà due figlie: Alessandra e Elisabetta.

Agli inizi degli anni cinquanta vive a Roma, in via Cosenza prima e in via Ugo Balzani poi. Tra il 1955 e il 1960 ha vissuto con Carlo Ponti in un appartamento di Palazzo Colonna, in via del Teatro di Marcello. Dal 1960 al 1977 ha vissuto insieme al marito a Marino, nella settecentesca "Villa Sara", ex residenza dei marchesi Gabrielli con 50 stanze, foresteria, pinacoteca, casino di caccia, cinema, cappella privata, maneggio, voliera e una piscina circondata da un parco di 20 ettari, acquistata e ristrutturata da Ponti negli anni '50. La villa, dopo anni di abbandono, è stata venduta nel 2003 all'imprenditore Antonio Angelucci. Nel '77 la Loren, a causa dei problemi del marito con la finanza, si trasferisce con la famiglia in California. Nel 2007 la coppia vende la villa californiana per 9 milioni di dollari e si trasferisce definitivamente a Ginevra, in rue Charles-Bonnet, dove l'attrice vive attualmente.

venerdì 19 settembre 2014

Casa di Augusto

Planimetria della Casa di Augusto


La Casa di Augusto è tornata visitabile al pubblico proprio in questi giorni ai Fori Imperiali a Roma.

La Casa di Augusto (in latino Domus Augusti), talvolta indicata anche come Domus Augustea era l'abitazione privata dell'imperatore Augusto, situata nel versante sud-ovest del colle Palatino.

Il valore fortemente simbolico del luogo in cui Augusto sceglie di vivere si ricollega alla storia della fondazione di Roma, il suo stesso nome "Augustus" deriva dalla dizione "Rex Augur" riferita a Romolo. Ottaviano Augusto, primo imperatore di Roma, fa comprare altre sei case per ottenere una dimora di 8351 m² la quale viene inaugurata nel 36 a.C.

Osservando la planimetria ricostruttiva della domus augusti si nota al centro un atrium con tablino, la parte sinistra è la domus privata, a destra la domus publica. Questa divisione della casa dell'imperatore rimarrà anche nella successiva espansione della domus augusti in epoca neroniana e flavia, la domus augustiana, ed è portatrice di un importante significato politico: il principe è al tempo stesso figura privata e pubblica, non può spogliarsi del potere.

Continuando l'osservazione della pianta si nota un'importante inclusione ad opera di Augusto: egli comprende nella propria casa il santuario del Lupercale, luogo sacro in cui Romolo fu salvato dalla lupa e dal re Faustolo. La domus augusti è il primo palazzo imperiale e primo "museo" delle origini di Roma: nel 28 a.C. raggiunge i 22.348 m² di estensione, comprendendo al piano inferiore il Lupercale. La domus publica è la dimora del pontefice massimo, carica che Augusto ricopre, ed è parte integrante della dimora dell'imperatore. Essa comprende anche il culto dei Lari e di Vesta così come il tempio di Apollo, luogo in cui si conservavano i Libri Sybillini. Prospiciente al tempio di Apollo (Aedes Apollinis) è il Portico di Danao e delle sue figlie (Danaidi), a fianco, sulla destra, è la biblioteca con la Curia dove Augusto riceveva il senato. La struttura dell'intero complesso sembra voler riprodurre quella tipica del foro, fulcro dell'intera città.

Nella parte più bassa si trova il bosco per Apollo Liceo (Lupo), in latino la Silva Apollinis, il dio che aveva dato il regno a Danao e poi allo stesso Augusto. La selva di Apollo Liceo si trova al di sopra del Lupercale. Al centro è l'ara della Roma quadrata, memoria romulea in cui Augusto "rifonda" la città. Il fronte della casa era decorata con allori e foglie di quercia, richiami ad Apollo, e con la scritta "ob cives servantes". Il fronte della domus Augusti dava sul circo massimo con due rampe d'accesso, sotto si aveva l'accesso al lupercale, sopra la dimora imperiale. Gli ambienti nel basamento del palazzo erano destinati agli schiavi e liberti che amministravano le ricchezze dell'imperatore. Ovidio definisce la casa di Augusto "tecta digna deo".

Gli ambienti visitabili sono venuti alla luce con gli scavi eseguiti nella zona augustea alla fine degli anni Settanta del secolo scorso. Decorati con affreschi e stucchi, rappresentano un importante esempio di pittura romana della fine del I sec. a.C. e il risultato di una impegnativa opera di restauro che ha interessato il grande oecus, l’ambiente della rampa, due cubicoli sovrapposti. 

Il restauro degli ambienti, quindi, ha richiesto l’intervento sulle superfici e soprattutto la ricomposizione dei frammenti, attraverso cui giungere alla restituzione dell’impianto decorativo della Casa di Augusto, così come era al tempo dell’Imperatore.

Visita da non perdere.

giovedì 18 settembre 2014

Morimondo

L'abbazia di Morimondo


Morimondo è un comune italiano della provincia di Milano, in Lombardia. E' inserito nell'elenco dei Borghi più belli d'Italia.

Dall'epoca romana giungono testimonianze di insediamenti coloniali nell'area dell'attuale comune. Alcuni toponimi delle frazioni (fara, dal tedesco fahren, gruppo di guerrieri) ricordano la presenza di stanziamenti longobardi.

La storia seguente di Morimondo ruota intorno alle vicende dell'abbazia omonima e dei monaci dell'ordine dei Cistercensi che vi risiedettero. Questa relazione è testimoniata anche dallo stemma comunale, che rappresenta nella parte superiore una mitra, indicativa del potere religioso, il bastone pastorale, poiché l'abate priore aveva dignità vescovile ed una spada, simbolo del potere civile-giudiziario. Nel XV secolo infatti l'abbazia viene resa commenda. Nella parte inferiore dello stemma è rappresentato un mappamondo sormontato da una croce, altro simbolo di dominio religioso.

La fondazione della prima chiesa risale al 1134, quando i primi monaci vi arrivarono qui dall'abbazia di Morimond, vicino a Digione. Lentamente bonificarono l'area adiacente al Ticino, vi realizzarono canali di irrigazione e la trasformarono in fertile zona agricola con coltivazione a marcite. Nel 1182 iniziò l'edificazione della chiesa attualmente esistente tutta in laterizio, con facciata a capanna e tiburio ottagonale sulla crociera. Nell'interno a tre navate su pilastri con volte a crociera: a destra acquasantiera trecentesca e, alla parete della navata un affresco strappato di Bernardino Luini. L'edificio venne ampliato e decorato con coro ligneo intagliato. Del chiostro, rifatto nel sec. XV-XVI, solo un'ala è originale; accanto è la sala capitolare di forme cistercensi, a due navate.

Secondo altre fonti il nome del luogo deriverebbe dalle parole francesi "moire mont", cioè "monte nella palude", poiché l'abbazia fu costruita su un rilievo in mezzo alle zone paludose.

Nel XIV secolo gran parte dei territori circostanti l'abbazia era di proprietà della chiesa e vi sorgevano numerose cascine ed edifici di servizio. Nel 1786 il comune passò alla provincia di Pavia.

Nel 1798, con l'avvento di Napoleone I il monastero fu soppresso e il patrimonio culturale andò disperso. Oggigiorno grazie al supporto della comunità locale l'attività religiosa e culturale dell'abbazia è rifiorita.

L'abbazia: pur essendo la quarta fondazione italiana e la prima in Lombardia (1134), la chiesa abbaziale si scosta da tutte le altre edificazioni cistercensi del XII secolo. L'aver rinviato la costruzione della chiesa fino al 1182 ha fatto sì che fruisse delle esperienze precedenti. Infatti, Morimondo è un esempio di architettura cistercense già evoluta verso lo stile gotico, com’è sottolineato dall'uso della volta a crociera ogivale, che può creare anche campate rettangolari. Infatti nella navata centrale, esse non sono a base quadrata, ma rettangolare, e ad ognuna di esse corrisponde una campata quadrata nelle navate laterali aumentando perciò il senso di verticalità. Inoltre la grandezza di Morimondo è dovuta alla presenza di ben otto campate, diversamente dalle chiese abbaziali precedenti normalmente più piccole. Ma la maestosità della chiesa di Morimondo è data anche dalla totale essenzialità, e dal senso di ordine dei mattoni a vista. Il Rinascimento ed il Barocco non hanno alterato lo stile e l'ordine del XII secolo.


Da visitare assolutamente.

Link: http://www.comune.morimondo.mi.it/
Distanza: 33 km da Piazza Duomo di Milano
Tempo: 47 minuti in auto
(fonte: Viamichelin -http://www.viamichelin.it/web/Itinerari )


lunedì 15 settembre 2014

Padre Pino Puglisi

Il giorno della beatificazione di Padre Puglisi 


Don Giuseppe Puglisi, meglio conosciuto come padre Pino Puglisi (Palermo, 15 settembre 1937 – Palermo, 15 settembre 1993), è stato un presbitero italiano, ucciso da Cosa nostra il giorno del suo 56º compleanno a motivo del suo costante impegno evangelico e sociale. Il 25 maggio 2013, sul prato del Foro Italico di Palermo, davanti ad una folla di circa centomila fedeli, è stato proclamato beato.

La celebrazione è stata presieduta dall'arcivescovo di Palermo, cardinale Paolo Romeo, mentre a leggere la lettera apostolica, con cui si compie il rito della beatificazione, è stato il cardinale Salvatore De Giorgi, delegato da papa Francesco. È il primo martire della Chiesa ucciso dalla mafia.

Don Pino ebbe sempre una grande passione educativa, che lo portò ad assumere incarichi di docenza in molte scuole siciliane. Il suo impegno come insegnante si protrasse per oltre trent’anni, fino al giorno della morte. Le principali tappe di questo percorso iniziarono all'istituto professionale Einaudi (1962-63 e 1964-66). Successivamente insegnò nei seguenti istituti: scuola media Archimede (1963-64 e 1966-72), scuola media di Villafrati (1970-75) e sezione staccata di Godrano (1975-77), istituto magistrale Santa Macrina (1976-79) e infine liceo classico Vittorio Emanuele II (1978-93).

Il 15 settembre 1993, il giorno del suo 56º compleanno, venne ucciso dalla mafia, davanti al portone di casa intorno alle 22,45 nella zona est di Palermo, in piazza Anita Garibaldi. Sulla base delle ricostruzioni, don Pino Puglisi era a bordo della sua Fiat Uno di colore bianco e, sceso dall'automobile, si era avvicinato al portone della sua abitazione. Qualcuno lo chiamò, lui si voltò mentre qualcun altro gli scivolò alle spalle e gli esplose uno o più colpi alla nuca. Una vera e propria esecuzione mafiosa. I funerali si svolsero il 17 settembre 1993.

Per non dimenticare.

domenica 14 settembre 2014

La dinastia degli Antonini (96 -192)

La colonna traiana e il Foro Imperiale a Roma

Con Nerva (96-98), successore di Domiziano, venne cambiato il sistema di successione degli imperatori con l'introduzione del cosiddetto principato adottivo: questa riforma prevedeva che l'imperatore in carica in quel momento dovesse decidere, prima della sua morte, il suo successore all'interno del senato, in modo da responsabilizzare i senatori. Con questo criterio vennero scelti Traiano, Adriano, Antonino Pio, Marco Aurelio e Commodo (quest'ultimo era anche figlio di Marco Aurelio). Tramite la politica di pace instaurata e la prosperità derivatane il governo imperiale attirò consensi unanimi, tanto che Nerva ed i suoi successori sono anche noti come i cinque buoni imperatori. In questo periodo, grazie alle conquiste ad opera di Traiano di Dacia, Armenia, Mesopotamia e Assiria, l'Impero raggiunse la sua massima estensione (117). Le conquiste orientali di Traiano furono, però, in gran parte abbandonate dal successore Adriano (118), anche se i territori perduti vennero successivamente riconquistati nelle guerre romano-partiche. Lo sviluppo economico e la coesione politica e ideale, raggiunta anche per l'adesione delle classi colte ellenistiche, che contraddistinsero il secondo secolo, non devono, comunque, trarre in inganno, in quanto da lì a poco l'impero cominciò a mostrare i primi sintomi della decadenza.

Quanto all'Italia, il suo posto nell'impero, nel secondo secolo, cominciò a perdere la sua preponderanza, a causa della romanizzazione delle province, e in parte dell'integrazione delle loro élite in seno agli ordini equestri e senatoriali. Il secondo secolo vide l'impero governato da imperatori provenienti dalle province e discendenti da antichi coloni italici: Traiano, Adriano e Marco Aurelio originari della Spagna, Antonino Pio della Gallia Narbonense. Fin dai primi anni del secolo, Traiano cercò di regolamentare la presenza dei senatori in Italia, obbligandoli a possedere un terzo delle loro terre in Italia; secondo Plinio il Giovane (VI, 19) certi senatori provinciali abitavano in Italia difatti come se fossero in vacanza, senza curarsi della penisola. La misura ebbe solamente un effetto limitato, di rialzare momentaneamente i prezzi delle proprietà, che stavano decadendo, e fu reiterata da Marco Aurelio ma in un'inferiore misura, un quarto delle terre.

Altri fattori che assicuravano la sua preminenza sull'impero subirono una flessione, cominciata nel I secolo, che durò tutto il secolo. Le legioni oramai stanziate stabilmente sul limes romano, nelle province lontane, regionalizzarono poco a poco il loro reclutamento, soprattutto a partire da Adriano. Per molto tempo queste osservazioni hanno fatto ritenere vari studiosi che l'Italia romana nel II secolo fosse in declino e in forte crisi economica, demografica e infine incapace di reggere la concorrenza delle province. Altri, invece, hanno interpretato le numerose importazioni di materie prime provenienti delle province non come il segno di un declino dell'Italia ma piuttosto come la conseguenza della misura sproporzionata del mercato romano-italico, foraggiato dalle imposte e dalle retribuzioni ai funzionari, o del fatto che certi trasporti marittimi a lunga distanza fossero più economici dei trasporti terrestri a media distanza. L'Italia da sola non poteva produrre abbastanza da nutrire Roma col suo milione di abitanti, tanto più che la coltivazione del grano era poco remunerativa rispetto all'olivo e alla vite, le importazioni massicce non bilanciate dalle esportazioni rendono conto di un declino.

Un passo in avanti verso la parificazione dell'Italia con le province venne compiuto da Adriano, quando assegnò l'Italia a quattro consolari portanti il titolo di legati propretori, titolo utilizzato per i governatori di provincia. Il moto di protesta sollevato nel senato, rappresentante dei vari municipi d'Italia, lesi nella loro autonomia fino ad allora garantita, fece sì che la misura fosse annullata dal suo successore. La soluzione di Adriano rispondeva tuttavia ad una reale esigenza: le regioni dell'Italia avevano bisogno di un'amministrazione più gerarchizzata, in particolare nel campo della giustizia civile. Tanto che Marco Aurelio creò egli stesso nel 165 i giuridici ( iuridici ) che esercitavano nei distretti. Il secondo secolo fu per l'Italia un secolo di transizione, di indietreggiamento della sua preminenza, ma non il declino che la storiografia ha letto fino agli anni settanta, appoggiandosi tra altri sulle tesi di M. Rostovtseff. Il vero declino avvenne in seguito. I prodromi della crisi che investì l'impero romano nel III secolo iniziarono a farsi sentire soprattutto con Commodo (180-192), che minò l'equilibrio istituzionale raggiunto e il cui atteggiamento dispotico favorì il malcontento delle province e dell'aristocrazia, portando al suo assassinio nel 192. Era l'ultimo degli Antonini.

23 CONTINUA.

sabato 13 settembre 2014

Cassinetta di Lugagnano

Villa Visconti Maineri

Cassinetta di Lugagnano è un comune italiano della provincia di Milano, in Lombardia. E' inserito nell'elenco dei Borghi più belli d'Italia. Il suo nome deriva forse dalla Cassina Biraga, con riferimento al fondatore Maffiolo Birago, uno dei personaggi che più hanno lasciato il segno nelle vicende del paese. È probabile che il toponimo provenga da "Lucanianus", aggettivo derivato dal nome proprio "Lucanius".

Il nucleo più antico del paese è quello di Lugagnano, sulla sponda destra del Naviglio, dove i primi insediamenti risalirebbero all'epoca romana. Alcuni ritrovamenti di reperti sepolcrali dell'epoca sono attualmente conservati nel Museo Pisani Dossi di Corbetta. Potrebbe risalire ad epoca anteriore all'anno 1000 il sarcofago in granito, con avanzi di piatti e vasellame in vetro e terracotta, rinvenuto in epoca imprecisata nella campagna cassinettese.

Lugagnano era un vasto insediamento che si estendeva fino ai confini di Abbiategrasso e di Robecco sul cui territorio si ha notizia dell'esistenza di un castello circondato da fossato e di una chiesa dedicata a San Protasio. I primi documenti risalgono al 1251. Nel Medioevo il paese era arroccato intorno ad un castello circondato da un fossato, che fu feudo di diversi signori. La storia locale, quindi, per molti secoli si identificò con quella dei proprietari del maniero, di cui rimangono brevi accenni in alcuni documenti comunali. Nel XIII secolo fu proprietà della famiglia dei Casterno, per passare quindi ai Pietrasanta. Il 1º febbraio 1358, Uberto di Pietrasanta lo vendette con un sedime al vicino territorio di Robecco. Sempre nello stesso documento del 1358 si può rilevare che Lugagnano era posto in territorio di Robecco. Fu dato in feudo nel 1451 dal Duca di Milano Francesco Sforza a Baldassare Barzi e suoi discendenti, con diritto di dazi di vino, pane, carne e imbottato, "come anteriormente era goduta da Sperone Pietrasanta". Ma il capitano Girolamo Barzi fu bandito per fratricidio e perciò il feudo fu devoluto alla Camera di Milano il 30 aprile 1656 e concesso al generale Giovanni Vasquez de Coronado, castellano di Milano, il 28 giugno 1657, con facoltà di darlo ad altri.
Il 15 luglio 1657, Lugagnano è infeudata al conte Angelo Trivulzio, ma il capitano Girolamo Barzi, venuto a transazione con la regia Ducale Camera, riesce ad ottenere per i suoi figli, il 22 settembre 1672, i feudi di Lugagnano e Robecco con relativi dazi.
In età nepoleonica, fra il 1809 e il 1816, il Comune di Lugagnano fu temporaneamente soppresso ed annesso a Robecco.

Da vedere:

  • Il ponte sul Naviglio fu ricostruito nel 1862 per facilitare la navigazione sul canale. Accanto al ponte è posta la statua di San Carlo Borromeo, realizzata nel 1749 per ricordare la sua breve sosta nel 1584: si fermò qui, fortemente ammalato, mentre, navigando sul Naviglio, era diretto a Milano, dove sarebbe morto poco dopo.
  • Di origine quattrocentesca ma rimaneggiata nel Settecento è la chiesa di Santa Maria Nascente e Sant’Antonio Abate. Lungo il Naviglio subito dopo il ponte di Cassinetta si incontra l’oratorio di San Giuseppe, interessante esempio di rococò lombardo costruito nel 1742 come cappella legata alla Villa Castiglioni Nai Bossi: da notare la ricca balaustra in ferro battuto dell’epoca.
  • Il vero patrimonio del borgo sono le splendide ville nobiliari legate ai nomi delle più importanti famiglie milanesi - i Trivulzio, i Visconti, i Mantegazza, i Castiglioni, i Parravicini - chiamate “ville di delizia”. La definizione fu coniata nel XVIII secolo dall´incisore Marcantonio Dal Re, in occasione dell’illustrazione del suo libro sulle bellezze architettoniche del luogo. Queste “case da nobile” erano utilizzate dai proprietari per effettuare periodici controlli sulla gestione dei terreni da parte dei fittavoli, e come abitazioni per la villeggiatura.
  • Villa Negri è la prima dimora storica che si incontra sul Naviglio, sulla destra, appena arrivati a Cassinetta e superato il bivio per Albairate. 
  • Accanto al ponte e lungo il Naviglio Grande appare nella sua maestosità, colorata del giallo della Milano settecentesca e neoclassica, Villa Visconti Castiglione Maineri.
  • Villa Cattaneo Krentzlin, protetta da un muro di cinta e nascosta dagli alberi, si allunga sulla riva del Naviglio subito dopo Villa Visconti Maineri. 
  • Villa Castiglioni Nai Bossi, l’ultima villa che si incontra sul Naviglio Grande nell’abitato di Cassinetta, lungo la pista ciclabile che porta a Robecco, risale alla prima metà del Settecento ed è probabilmente opera dello stesso proprietario, l’architetto Carlo Federico Castiglioni. 
  • Villa Morlin-Visconti (ora Grosso-Pambieri) è stata costruita nel 1825 in stile neoclassico, ripiegata su se stessa attorno a una corte interna. 
  • Villa Frotta Eusebio, risalente al secondo quarto del Settecento, si affaccia lungo via Roma, che collegava Lugagnano a Cassinetta. 
  • Villa Mantegazza Macinaghi guarda, con un semplice portone ad arco, sulla piazzetta Trivulzio, lungo il lato sud della via principale di Lugagnano. Il cortile civile, aperto sulla piazzetta tramite il portone, è circondato su tre lati da corpi di fabbrica con una pianta ad "U". 
  • Anche Villa Trivulzio, dei primi decenni dell’Ottocento, si presenta nel caratteristico "giallo lombardo" dell’epoca; si trova all’imbocco della strada per Robecco. 
  • Villa Birago Clari Monzini è la più antica e più grande dimora patrizia sulla riva destra del Naviglio. Un tempo si collegava al canale tramite un viale alberato di 800 metri che da piazza del Teatro, attraverso un grande parco, proseguiva oltre il corso d’acqua fino alla grande esedra di Villa Gambotto Negri. 
  • Villa Clari, edificata nella seconda metà del Cinquecento, è costituita da quattro corpi che si aprono su un cortile centrale. Per questo si pensa che l’edificio sia sorto sulle basi dell’antico fortilizio militare di Lugagnano. 
  • Villa Beolco Negri è l’odierno palazzo del Comune: dell’antica casa da nobile non è rimasto molto.
  • Da vedere, infine, il mulino della Pazza Biraga. I primi documenti relativi al territorio di Cassina Biraga risalgono al 1428, anno in cui Maffiolo Birago costruì la roggia, facendola derivare dal Naviglio, per il funzionamento di un mulino. Questo, edificato poco dopo, al limite fra il territorio di Cassina Biraga e Lugagnano, è ancora esistente e funzionante.

Link: http://www.comune.cassinettadilugagnano.mi.it/
Distanza: 27 km da Piazza Duomo di Milano
Tempo: 53 minuti in auto
(fonte: Viamichelin -http://www.viamichelin.it/web/Itinerari )

venerdì 12 settembre 2014

I Maestri del Paesaggio

Bergamo Alta

Dal 6 al 21 Settembre è in corso di svolgimento a Bergamo l'evento: I Maestri del Paesaggio-International Meeting of the Lansdcape and Garden.

La manifestazione è un appuntamento internazionale per immergersi nella cultura del paesaggio in sedici giorni di fermento culturale.

Riportiamo dal sito:

"Le due giornate di Meeting con i più famosi Landscape architect e Gardener Designer del mondo sono il cuore di due intense settimane di incontri ravvicinati tra professionisti del settore, in un programma ricco di Workshop, Seminari, Aperitivi di Paesaggio e tanti Eventi collaterali capaci di coinvolgere gli addetti ai lavori e di sensibilizzare il grande pubblico al tema del Paesaggio.

La cultura del paesaggio è frutto di un intreccio di saperi che si applicano a Ambiente naturale e Lavoro, Bellezza e Funzionalità: per questo I Maestri del Paesaggio, accanto al convegno di paesaggisti, accoglie ogni anno un ampio ventaglio di eventi culturali che vanno dall’arte all’enogastronomia. Mostre e concorsi che accompagnano cittadini e turisti alla scoperta del paesaggio, in un modo inedito e affascinante, grazie a un connubio sempre più fecondo tra arti, natura, imprese e territorio.

Tra gli obiettivi della Manifestazione vi è quello di sensibilizzare l’attenzione a uno sviluppo sostenibile della città, valorizzando le potenzialità di ogni territorio a partire dai luoghi urbani e naturali dell’incontro.

La sempre maggiore affluenza dei visitatori, il sostegno dei paesaggisti intervenuti al Meeting, la risposta delle principali testate internazionali incoraggiano sempre più l’ambizioso progetto di fare di Bergamo il punto di riferimento per gli Studi sul Paesaggio fondando qui un Centro Internazionale di Studio e Ricerca in collaborazione con Università di Bergamo, Regione Lombardia, Comune di Bergamo, GAMeC e Accademia Carrara".

Un'occasione da non perdere anche per visitare Bergamo, una delle città più caratteristiche della Lombardia.

Per informazioni e programma: http://www.arketipos.org/

domenica 7 settembre 2014

Villa Reale di Monza

La Villa Reale di Monza


Si corre oggi a Monza l'85° Gran Premio d'Italia di Formula 1.

All'interno del medesimo Parco di Monza, a Sud rispetto a dove è collocato l'Autodromo, si trova invece la splendida Villa Reale di Monza.

La Villa Reale di Monza è un grande palazzo in stile neoclassico che fu usato come residenza privata prima dai reali austriaci e poi da quelli italiani. Attualmente ospita mostre, esposizioni e in un'ala anche l'Istituto Superiore d'Arte e il Liceo artistico di Monza.

Maria Teresa d'Austria decise la costruzione della Villa Arciducale quando stabilì di assegnare al figlio Ferdinando d'Asburgo-Este la carica di Governatore Generale della Lombardia austriaca. La scelta di Monza fu dovuta alla salubrità dell'aria e all'amenità del paese, ma esprimeva anche un forte simbolo di legame tra Vienna e Milano, trovandosi il luogo sulla strada per la capitale imperiale.

L'incarico della costruzione, conferito nel 1777 all'architetto imperiale Giuseppe Piermarini, fu portato a termine in soli tre anni. Successivamente il giovane arciduca Ferdinando fece apportare aggiunte al complesso, sempre ad opera del Piermarini e usò la Villa come propria residenza di campagna fino all'arrivo delle armate napoleoniche nel 1796.

Eugenio di Beauharnais, nel 1805 nominato viceré del nuovo Regno d'Italia, fissò la sua residenza principale nella Villa che quindi in questa occasione assunse il nome di Villa Reale. Tra il 1806 e il 1808 per suo volere al complesso della Villa e dei suoi Giardini fu affiancato il Parco, recintato e vasto 750 ettari, destinato a tenuta agricola e riserva di caccia.

Dopo la caduta di Napoleone (1815) vi fu il ritorno degli austriaci fino alla seconda guerra di indipendenza (1859) quando la Villa Reale diventò patrimonio di Casa Savoia. La Villa fu specialmente cara al Re Umberto I che amava risiedervi e che la volle trasformata in molti ambienti dagli architetti Achille Majnoni d'Intignano e Luigi Tarantola.

Il 29 luglio 1900 Umberto I fu assassinato proprio a Monza da Gaetano Bresci mentre assisteva ad una manifestazione sportiva organizzata dalla società sportiva "Forti e Liberi", tuttora in attività. In seguito al luttuoso evento il nuovo Re Vittorio Emanuele III non volle più utilizzare la Villa Reale, facendola chiudere, lasciandole un senso di mausoleo e trasferendo al Quirinale gran parte degli arredi.

Nel 1934 con Regio Decreto Vittorio Emanuele III fece dono di gran parte della Villa ai Comuni di Monza e di Milano, associati. Ma mantenne ancora la porzione sud con sale dell'appartamento del padre, Re Umberto I, sempre costantemente chiusi, in sua memoria. Le vicende dell'immediato dopoguerra della seconda guerra mondiale provocarono occupazioni, ulteriori spoliazioni e decadimento del monumento. Con l'avvento della Repubblica, l'ala sud è diventata patrimonio e amministrata dallo Stato. Il resto della Villa Reale è amministrata congiuntamente dai comuni di Monza e Milano.

La Villa è stata recentemente restaurata e riportata alla sua originaria bellezza. Visita da non lasciarsi sfuggire...

Il link della Villa: http://www.reggiadimonza.it/Villa/107

sabato 6 settembre 2014

La Regata Storica di Venezia

La regata delle caorline


Domani a Venezia si svolgerà la Regata Storica.

Sulle origini storiche della manifestazione, ve ne abbiamo già parlato lo scorso anno:

Quest'anno desideriamo descrivervi le regate che si svolgono sul Canal Grande.

La parte agonistica della manifestazione è costituita dalle regate che seguono il corteo storico e rappresenta ancora oggi l’evento remiero più importante e prestigioso dell’intera stagione. I vincitori, premiati dalle più importanti autorità cittadine, sono ritenuti dei veri campioni della città e tenuti in grandissima considerazione tra tutti gli sportivi del remo.

Le gare di voga veneta che si svolgono durante la Regata Storica sono, in ordine cronologico:

  • la regata de le maciarele, riservata ai ragazzi fino ai 12 anni
  • la regata de le maciarele, riservata ai ragazzi fino ai 14 anni
  • la regata dei giovanissimi su pupparini a due remi
  • la regata delle donne su mascarete a due remi
  • la regate delle bisse del lago di Garda
  • la regata su caorline a sei remi
  • la regata dei campioni su gondolini a due remi.
Ad ogni regata partecipano nove equipaggi più uno di riserva, pronto a subentrare alla partenza in caso di forfait dell'ultimo minuto, ad eccezione della regata delle caorline per cui non è previsto l'equipaggio di riserva. 

Il regolamento delle regate prevede, per tutte le categorie, la partenza delle imbarcazioni da un punto del Bacino di San Marco, allineate e bloccate fino al via da un cordino legato a poppa delle imbarcazioni detto spagheto. Dopo la partenza, gli equipaggi affrontano il delicato e fondamentale ingresso nel Canal Grande, che percorrono fino ad arrivare al giro di boa o del paletto della categoria (ognuna delle quali effettua un tratto in Canal Grande più o meno lungo, che varia per ogni tipologia di categoria). 

Nel caso della regata dei gondolini, il paletto è posto all'altezza del Ponte della Costituzione, per cui il percorso copre praticamente tutto il Canal Grande. Da questo punto viene ripercorso lo stesso tratto di Canal Grande fino all'arrivo, fissato per tutte le categorie presso Ca' Foscari, in corrispondenza del palco della machina. In questo palco, una volta affidate alla giuria le eventuali (e frequenti) contestazioni di scorrettezze reciproche tra i vogatori, essi vengono celebrati e premiati dalle autorità.

I primi quattro equipaggi classificati ricevono, oltre a premi in denaro, le tradizionali e simboliche bandiere. Ai primi vengono assegnate le bandiere rosse, seguite da quelle bianche, verdi e blu.

Di seguito il link della manifestazione: http://www.regatastoricavenezia.it/

venerdì 5 settembre 2014

Bienno

Eremo di Bienno


Bienno è un comune italiano della Val Camonica, provincia di Brescia in Lombardia. Bienno fa parte del club de "I Borghi più Belli d'Italia" creato della Consulta del Turismo dell'Associazione dei Comuni Italiani (ANCI).

Il paese sorge nella Val Grigna, sul lato settentrionale del torrente Grigna.

Monumenti e luoghi d'interesse.
  • La chiesa parrocchiale, dedicata ai Santi Faustino e Giovita, riedificata nei primissimi anni del Seicento in stretta osservanza delle norme controriformate borromeiane; unica navata con sei altari laterali; imponente ciclo pittorico per la maggior parte di Giovanni Mauro della Rovere (il Fiamminghino); bellissime cancellate in ferro battuto del 1647; organo seicentesco di origini antegnatiane, rimaneggiato dai Serassi nel 1822 e nel 1891 dall'organaro bergamasco Giovanni Manzoni. Ogni altare laterale è una vera e propria cappella autonoma con proprio ciclo pittorico. La volta a tutto sesto è affrescata a medaglioni e trompe l'oeil, mentre nell'abside alle spalle dell'altare maggiore si trova una pregevole pala settecentesca attribuita al pittore veneziano Giovan Battista Pittoni, che rappresenta il martirio dei due Santi cui è dedicata la chiesa. Notevoli l'affresco degli angeli musicanti, le cantorie, le soase. Rappresenta un unicum per coerenza ed unità progettuale. Dapprincipio attribuita al Bagnadore, sembra ora doversi ad un progetto del Lantana. Il campanile è quello della costruzione preesistente, infatti è ruotato di una decina di gradi rispetto all'edificio attuale. Bellissimo il sagrato pensile ed impressionante il piccolo oratorio con affreschi settecenteschi rappresentanti l'Apocalisse.
  • L'altro gioiello architettonico del paese è rappresentato dalla più piccola chiesa gotica nella parte bassa del centro storico, la Chiesa di Santa Maria Annunziata (detta un tempo Santa Maria degli Orti). Ad una sola navata, essa contiene affreschi di notevole valore prodotti nel corso del XVI secolo da diversi artisti, fra cui Giovanni Pietro da Cemmo e, soprattutto, Girolamo di Romano, detto il Romanino . Spiccano, fra gli altri, una danza macabra alla destra dell'altare. Interessanti come testimonianza delle tradizioni di fede della Valcamonica sono le immagini di santi affrescata lungo le pareti della navata: tra di esse ben tre sono dedicate a Simonino di Trento. La pala dell'altare maggiore raffigurante la Annunciazione è opera del Fiammenghino (1632) sulla controfacciata straordinario lacerto di affresco sul Compianto di Cristo morto, di scendenze fiamminghe.
  • Eremo di San Pietro e Paolo, completamente ricostruito nella seconda metà del XX secolo, aveva origine nel XI, XII secolo quando in Valcamonica arrivarono i Cluniacensi. Nel 1768 viene soppresso dal Gran consiglio di Venezia, con cessione dei beni alla comunità di Valle Camonica.
  • Chiesetta di San Defendente, su una collinetta presso l'ingresso nord di Bienno, risale al XV secolo.
  • Chiesetta di san Pietro in vincoli (o San Peder Süc), del secolo XVI. La pala d'altare è custodita in municipio. Sorge su di un'antica ara di Bacco (di qui il nome San Pietro Succo) di cui si vedono i resti sul retro della costruzione.
  • Colle di Cristo Re, vi sorge il monumento a Cristo Re, statua dorata risalente al 1929 opera di Timo Bortolotti. Accanto, la chiesa della Maddalena, con affreschi di Paolo da Cailina (il vecchio) e statue di Beniamino Simoni.
  • Cappella della Piscina, del XV secolo, rimaneggiata nel XVII.

Distanza: 119 km da Piazza Duomo di Milano

giovedì 4 settembre 2014

Sant'Omobono Terme

L'ingresso delle Terme

Sant'Omobono Terme (fino al 2004 Sant'Omobono Imagna, Santimbù in bergamasco) è un comune italiano della provincia di Bergamo in Lombardia. Si trova in Valle Imagna, circa 20 km a ovest di Bergamo.

Il territorio è caratterizzato dalla presenza di terme di acque sulfuree che, unite alla tranquillità della zona ed all'aria pulita, rendono il luogo adatto a chi vuole trascorrere momenti di relax rigenerando il corpo.

Molto interessante è la villa delle Ortensie, posta a fianco delle terme. Risalente al XIX secolo, presenta linee molto raffinate ed eleganti, grazie anche ad un recente restauro.

In ambito religioso meritano menzione le chiese dei quattro paesi che compongono il territorio comunale. Quella di Mazzoleni, intitolata a Sant'Omobono, presenta un aspetto maestoso con linee settecentesche. Risalente alla seconda metà del XIX secolo, custodisce opere di buon pregio; la chiesa parrocchiale di Cepino, intitolata a San Bernardino, venne edificata nel XVI - XVII secolo con una struttura ad una navata in luogo di un precedente edificio di culto. Al suo interno si trovano opere di Gaetano Peverada.

L'edificio di maggior richiamo a Valsecca è indubbiamente la chiesa parrocchiale di San Marco evangelista. Edificata nel corso del XV secolo, ma soggetta a successivi ampliamenti (XVIII secolo) e ristrutturazioni (XX secolo), presenta al proprio interno dipinti di buon pregio, ma soprattutto un crocefisso in legno opera di frà Giovanni da Reggio.

A Selino Alto si trova invece la chiesa parrocchiale di San Giacomo che, edificata nel XVIII secolo con uno stile neoclassico, presenta sculture di scuola fantoniana e dipinti di Francesco Quarenghi. In ultimo la chiesa di Santa Maria Immacolata che, posta nella frazione di Selino basso, venne edificata nel XX secolo.

Tuttavia l'edificio di maggior richiamo a livello religioso è indubbiamente il santuario della Cornabusa. (http://www.cornabusa.it/). Molto frequentato non solo dalla gente di tutta la valle, è una chiesa completamente ricavata nella roccia, elemento che la rende unica nel suo genere. Edificata nel XVI secolo si trova al centro di una leggenda popolare che troverebbe origine nel periodo medievale, quando un'anziana donna si rifugiò in una grotta naturale per rifugiarsi dalle lotte tra guelfi e ghibellini. Una volta terminati gli scontri, questa lasciò sul luogo una statuetta della Madonna, ritrovata qualche tempo più tardi da una giovane sordomuta che, dopo il ritrovamento, si sentì immediatamente guarita.

Link: http://www.comune.santomobonoterme.bg.it/hh/index.php
Distanza: 71 km da Piazza Duomo di Milano
Tempo stimato: 90 minuti in auto (fonte: Viamichelin - http://www.viamichelin.it/web/Itinerari )

mercoledì 3 settembre 2014

Carlo Alberto Dalla Chiesa

Il Generale Dalla Chiesa


Oggi ricorre l'anniversario dell'uccisione del Gen. Dalla Chiesa.

Carlo Alberto dalla Chiesa, a volte scritto Dalla Chiesa è stato un generale, prefetto e partigiano italiano. Fondò il Nucleo Speciale Antiterrorismo, fu Vice Comandante Generale dell'Arma dei Carabinieri e Prefetto di Palermo.

Nel 1982 viene nominato dal Consiglio dei Ministri prefetto di Palermo e posto contemporaneamente in congedo dall'Arma. Il tentativo del governo è quello di ottenere contro Cosa Nostra gli stessi risultati brillanti ottenuti contro le Brigate Rosse. Dalla Chiesa inizialmente si dimostrò perplesso su tale nomina, ma venne convinto dal ministro Virginio Rognoni, che gli promise poteri fuori dall'ordinario per contrastare la guerra tra le cosche, che insanguinava l'isola.

Il 12 luglio dello stesso anno nella cappella del castello di Ivano-Fracena, in provincia di Trento, sposò in seconde nozze Emanuela Setti Carraro.

A Palermo, dove arrivò ufficialmente nel maggio del 1982, lamentò più volte la carenza di sostegno da parte dello Stato (emblematica la sua amara frase: "Mi mandano in una realtà come Palermo, con gli stessi poteri del prefetto di Forlì").

In una intervista concessa a Giorgio Bocca, il Generale dichiarò ancora una volta la carenza di sostegno e di mezzi, necessari per la lotta alla mafia, che nei suoi piani doveva essere combattuta strada per strada, rendendo palese alla criminalità la massiccia presenza di forze dell'ordine; inoltre nell'intervista Dalla Chiesa dichiarò:

« Oggi mi colpisce il policentrismo della Mafia, anche in Sicilia, e questa è davvero una svolta storica. È finita la Mafia geograficamente definita della Sicilia occidentale. Oggi la Mafia è forte anche a Catania, anzi da Catania viene alla conquista di Palermo. Con il consenso della Mafia palermitana, le quattro maggiori imprese edili catanesi oggi lavorano a Palermo. Lei crede che potrebbero farlo se dietro non ci fosse una nuova mappa del potere mafioso?»

Tali dichiarazioni provocarono in forma ufficiale il risentimento dei Cavalieri del Lavoro catanesi Carmelo Costanzo, Mario Rendo, Gaetano Graci e Francesco Finocchiaro (i proprietari delle quattro maggiori imprese edili catanesi, alle quali si riferiva Dalla Chiesa) e diedero inizio ad una polemica con l'allora presidente della Regione Mario D'Acquisto, che invitò pubblicamente Dalla Chiesa a specificare il contenuto delle sue dichiarazioni e ad astenersi da tali giudizi qualora tali circostanze non fossero state provate.

Nel luglio del 1982 Dalla Chiesa dispose che il cosiddetto "rapporto dei 162" fosse trasmesso alla Procura di Palermo: tale rapporto portava la «firma congiunta» di polizia e carabinieri e ricostruiva l'organigramma delle Famiglie mafiose palermitane attraverso scrupolose indagini e riscontri.

Per la prima volta, con una telefonata anonima fatta ai carabinieri di Palermo a fine agosto, Cosa Nostra sembrò annunciare l'attentato al Generale, dichiarando che, dopo gli ultimi omicidi di mafia, «l'operazione Carlo Alberto è quasi conclusa, dico quasi conclusa».

Alle ore 21.15 del 3 settembre 1982, la A112 bianca sulla quale viaggiava il Prefetto, guidata dalla moglie Emanuela Setti Carraro, fu affiancata, in via Isidoro Carini a Palermo, da una BMW, dalla quale partirono alcune raffiche di Kalashnikov AK-47, che uccisero il Prefetto e la moglie.

Nello stesso momento l'auto con a bordo l'autista e agente di scorta, Domenico Russo, che seguiva la vettura del Prefetto, veniva affiancata da una motocicletta, dalla quale partì un'altra raffica che uccise Russo.

Il giorno dei suoi funerali, che si tennero nella chiesa palermitana di San Domenico, una grande folla protestò contro le presenze politiche, accusandole di averlo lasciato solo. Vi furono attimi di tensione tra la folla e le autorità, sottoposte a lanci di monetine e insulti al limite dell'aggressione fisica. Solo il Presidente della Repubblica Sandro Pertini venne risparmiato dalla contestazione.

La figlia Rita pretese che fossero immediatamente tolte di mezzo le corone di fiori inviate dalla Regione Siciliana (era presidente Mario D'Acquisto) e volle che sul feretro del padre fossero deposti il tricolore, la sciabola e il berretto della sua divisa da Generale con le relative insegne.

Dell'omelia del cardinale Pappalardo, fecero il giro dei telegiornali le seguenti parole (citazione di un passo di Tito Livio), che furono liberatorie per la folla, mentre causarono imbarazzo tra le autorità (il figlio Nando le definì "una frustata per tutti"):

« Mentre a Roma si pensa sul da fare, la città di Sagunto viene espugnata dai nemici [..] e questa volta non è Sagunto, ma Palermo. Povera la nostra Palermo »

Dalla Chiesa fu insignito di medaglia d'oro al valore civile alla memoria.

Il 5 settembre al quotidiano La Sicilia arrivò un'altra telefonata anonima, che annunciò: "L'operazione Carlo Alberto è conclusa".

Oggi il corpo di Carlo Alberto Dalla Chiesa riposa nel Cimitero della Villetta, a Parma.

Per i tre omicidi sono stati condannati all'ergastolo come mandanti i vertici di Cosa Nostra: i boss Totò Riina, Bernardo Provenzano, Michele Greco, Pippo Calò, Bernardo Brusca e Nenè Geraci.

Per non dimenticare.

martedì 2 settembre 2014

Santuario Santa Maria del Fonte a Caravaggio

Il Santuario


Il santuario di Santa Maria del Fonte di Caravaggio è un monumentale edificio di culto cattolico situato nel territorio di Caravaggio, in Lombardia, e dedicato al culto di Santa Maria del Fonte, che, secondo la tradizione cattolica, apparve in tale località il 26 maggio 1432, di fronte alla giovane contadina Giannetta de' Vacchi.

Già nel 1432 il vicario foraneo del vescovo di Cremona, Bonincontro de' Secchi, aveva posto sul luogo dell'apparizione, il campo del Mezzolengo, la prima pietra per l'erezione di una cappelletta; per accogliere i numerosi infermi che si recavano in pellegrinaggio presso il luogo dell'apparizione fu edificato anche un piccolo ospedale, accanto alla cappella.

Le cronache del 1516 già descrivono la cappella come una chiesa "veramente insigne, con edifizi adatti, ornamenti e pitture venerande", come recitano le parole del privilegio concesso in quell'anno da papa Leone X al Santuario. Già pericolante a metà del secolo, la chiesetta fu diroccata e venne in seguito ricostruita.

L'erezione dell'attuale tempio mariano, fortemente voluto dall'arcivescovo di Milano Carlo Borromeo, iniziò nel 1575 dietro progetto dell'architetto Pellegrino Tibaldi (detto il Pellegrini); alternando fasi di sviluppo a lunghi intervalli, l'opera di costruzione si protrasse fino ai primi decenni del XVIII secolo, con numerose modifiche, seppur di poco conto, rispetto al progetto originario del Pellegrini.

Il Santuario di Caravaggio, oggi, oltre a fungere da importante luogo di preghiera, ospita oggigiorno un Centro d'accoglienza per pellegrini ed ammalati, un Centro di consulenza matrimoniale e familiare ed un Centro di spiritualità. Gli edifici che ospitano tali attività furono ristrutturati sul finire del XX secolo dagli architetti caravaggini Paolo e Salvatore Ziglioli; l'auditorium ospita pregevoli vetrate del pittore caravaggino Giorgio Versetti. La Cappella del centro di spiritualità, che venne inaugurata da papa Giovanni Paolo II durante il suo soggiorno presso il santuario nel 1992, ospita sculture ad opera del mozzanichese Mario Toffetti.

Indirizzo: Viale Papa Giovanni XXIII - Caravaggio (BG)

Link: http://www.santuariodicaravaggio.it/
Distanza: 41 km da Piazza Duomo di Milano
Tempo stimato: 60 minuti (fonte: Viamichelin - http://www.viamichelin.it/web/Itinerari )

lunedì 1 settembre 2014

Rifugio della Gardetta

Rifugio Gardetta


Il rifugio della Gardetta è un rifugio alpino situato nel comune di Canosio (CN), in valle Maira, nelle Alpi Cozie, a 2.335 m s.l.m.

Deriva dalla ristrutturazione di un antico ricovero militare utilizzato nella seconda guerra mondiale.Inaugurato nel 1989, fu restaurato nel 1991 assumendo la configurazione attuale.

Sorge sull'Altopiano della Gardetta, poco ad est del passo Gardetta, in comune di Canosio (CN). È una costruzione a due piani in muratura di pietrame, con l'interno rivestito in legno. È dotato di servizi igienici interni, acqua corrente interna anche calda, cucina e 45 posti letto; offre però anche servizio ristorazione. L'impianto elettrico è alimentato da pannelli fotovoltaici. È aperto in maniera continuativa dal 15 giugno al 15 settembre; negli altri periodi rimane a disposizione il locale invernale. La struttura alpina si trova sotto uno dei cieli più bui d'Europa, che rende possibile osservare tutte le costellazioni, accompagnati da un esperto, durante le numerose serate delle stelle, offerte gratuitamente dal rifugio.

L'accesso più comodo è dal colle Valcavera, seguendo la vecchia rotabile militare che attraversa in direzione ESE-ONO l'altopiano della Gardetta fino al passo omonimo. Il colle di Valcavera può essere raggiunto da Demonte in valle Stura, da Castelmagno in valle Grana, o dal vallone di Marmora in valle Maira. Un accesso alternativo, più lungo, è da Canosio, in valle Maira, risalendo il vallone del Preit fino al colle del Preit, che dà sull'altopiano della Gardetta. Altro accesso possibile è da Acceglio, risalendo il vallone di Unerzio su strada per poi raggiungere il passo della Gardetta su sentiero. Tutti gli itinerari sono di tipo escursionistico con difficoltà T; sono però caratterizzati da una certa lunghezza.

Il rifugio si trova in prossimità del percorso della Grande Traversata delle Alpi, in particolare della variante nota come percorso delle alte valli, sulla tappa che unisce Pontebernardo a Chialvetta.[6] Questa tappa coincide con la tappa R136 del percorso rosso della Via Alpina.

È inoltre posto tappa per il trekking dei Percorsi Occitani, anello di 15 giorni intorno alla valle Maira; in particolare, si trova a cavallo della decima tappa (Chialvetta - rifugio Gardetta) e dell'undicesima tappa (Gardetta - Arata di Marmora).

La zona dove sorge il rifugio vide sorgere in passato numerose fortificazioni del Vallo Alpino del Littorio, al cui complesso la stessa struttura del rifugio apparteneva. I resti di queste fortificazioni sono oggi visitabili utilizzando il rifugio come punto d'appoggio o posto tappa. Il rifugio si trova sotto uno dei cieli più bui d'Europa, dal quale si possono ammirare tutte le costellazioni.

Ascensioni:

Rocca la Meja (2831 m)
Monte Oserot (2860 m)
Monte Cassorzo (2776 m)
Punta Eco (2701 m)


Per informazioni e prenotazioni: http://www.caicuneo.it/