domenica 14 settembre 2014

La dinastia degli Antonini (96 -192)

La colonna traiana e il Foro Imperiale a Roma

Con Nerva (96-98), successore di Domiziano, venne cambiato il sistema di successione degli imperatori con l'introduzione del cosiddetto principato adottivo: questa riforma prevedeva che l'imperatore in carica in quel momento dovesse decidere, prima della sua morte, il suo successore all'interno del senato, in modo da responsabilizzare i senatori. Con questo criterio vennero scelti Traiano, Adriano, Antonino Pio, Marco Aurelio e Commodo (quest'ultimo era anche figlio di Marco Aurelio). Tramite la politica di pace instaurata e la prosperità derivatane il governo imperiale attirò consensi unanimi, tanto che Nerva ed i suoi successori sono anche noti come i cinque buoni imperatori. In questo periodo, grazie alle conquiste ad opera di Traiano di Dacia, Armenia, Mesopotamia e Assiria, l'Impero raggiunse la sua massima estensione (117). Le conquiste orientali di Traiano furono, però, in gran parte abbandonate dal successore Adriano (118), anche se i territori perduti vennero successivamente riconquistati nelle guerre romano-partiche. Lo sviluppo economico e la coesione politica e ideale, raggiunta anche per l'adesione delle classi colte ellenistiche, che contraddistinsero il secondo secolo, non devono, comunque, trarre in inganno, in quanto da lì a poco l'impero cominciò a mostrare i primi sintomi della decadenza.

Quanto all'Italia, il suo posto nell'impero, nel secondo secolo, cominciò a perdere la sua preponderanza, a causa della romanizzazione delle province, e in parte dell'integrazione delle loro élite in seno agli ordini equestri e senatoriali. Il secondo secolo vide l'impero governato da imperatori provenienti dalle province e discendenti da antichi coloni italici: Traiano, Adriano e Marco Aurelio originari della Spagna, Antonino Pio della Gallia Narbonense. Fin dai primi anni del secolo, Traiano cercò di regolamentare la presenza dei senatori in Italia, obbligandoli a possedere un terzo delle loro terre in Italia; secondo Plinio il Giovane (VI, 19) certi senatori provinciali abitavano in Italia difatti come se fossero in vacanza, senza curarsi della penisola. La misura ebbe solamente un effetto limitato, di rialzare momentaneamente i prezzi delle proprietà, che stavano decadendo, e fu reiterata da Marco Aurelio ma in un'inferiore misura, un quarto delle terre.

Altri fattori che assicuravano la sua preminenza sull'impero subirono una flessione, cominciata nel I secolo, che durò tutto il secolo. Le legioni oramai stanziate stabilmente sul limes romano, nelle province lontane, regionalizzarono poco a poco il loro reclutamento, soprattutto a partire da Adriano. Per molto tempo queste osservazioni hanno fatto ritenere vari studiosi che l'Italia romana nel II secolo fosse in declino e in forte crisi economica, demografica e infine incapace di reggere la concorrenza delle province. Altri, invece, hanno interpretato le numerose importazioni di materie prime provenienti delle province non come il segno di un declino dell'Italia ma piuttosto come la conseguenza della misura sproporzionata del mercato romano-italico, foraggiato dalle imposte e dalle retribuzioni ai funzionari, o del fatto che certi trasporti marittimi a lunga distanza fossero più economici dei trasporti terrestri a media distanza. L'Italia da sola non poteva produrre abbastanza da nutrire Roma col suo milione di abitanti, tanto più che la coltivazione del grano era poco remunerativa rispetto all'olivo e alla vite, le importazioni massicce non bilanciate dalle esportazioni rendono conto di un declino.

Un passo in avanti verso la parificazione dell'Italia con le province venne compiuto da Adriano, quando assegnò l'Italia a quattro consolari portanti il titolo di legati propretori, titolo utilizzato per i governatori di provincia. Il moto di protesta sollevato nel senato, rappresentante dei vari municipi d'Italia, lesi nella loro autonomia fino ad allora garantita, fece sì che la misura fosse annullata dal suo successore. La soluzione di Adriano rispondeva tuttavia ad una reale esigenza: le regioni dell'Italia avevano bisogno di un'amministrazione più gerarchizzata, in particolare nel campo della giustizia civile. Tanto che Marco Aurelio creò egli stesso nel 165 i giuridici ( iuridici ) che esercitavano nei distretti. Il secondo secolo fu per l'Italia un secolo di transizione, di indietreggiamento della sua preminenza, ma non il declino che la storiografia ha letto fino agli anni settanta, appoggiandosi tra altri sulle tesi di M. Rostovtseff. Il vero declino avvenne in seguito. I prodromi della crisi che investì l'impero romano nel III secolo iniziarono a farsi sentire soprattutto con Commodo (180-192), che minò l'equilibrio istituzionale raggiunto e il cui atteggiamento dispotico favorì il malcontento delle province e dell'aristocrazia, portando al suo assassinio nel 192. Era l'ultimo degli Antonini.

23 CONTINUA.

Nessun commento:

Posta un commento